FAQ

FAQ

 

 CHI E’ LO PSICOLOGO?

 Lo psicologo è un professionista che opera per favorire il benessere delle persone, intese sia come individui singoli sia come sistemi più o meno complessi (es. sistema coppia, sistema famiglia, sistema scolastico, etc). Per diventare Psicologo, ad oggi in Italia, è necessaria una laurea di cinque anni in Psicologia presso un’università italiana, un tirocinio della durata di un anno, effettuato con la supervisione di un tutor-professionista iscritto all'Ordine e il superamento dell'Esame di Stato che consente l’iscrizione all’Ordine degli Psicologi (Albo sezione A), a cui ogni cittadino può far riferimento per verificare l’autorizzazione del professionista ad esercitare la professione e l'accesso alla professione. Attualmente la riforma degli atenei ha introdotto le lauree triennali. In questo caso, al termine dei tre anni di corso, si ottiene il titolo di dottore in tecniche psicologiche, effettuando un successivo tirocinio di almeno 6 mesi e superando l'Esame di Stato che consente l'iscrizione all’Ordine (Albo sezione B). Il dottore in Tecniche Psicologiche può operare solo sotto la supervisione di uno Psicologo iscritto alla sezione A, oppure proseguire nel corso degli studi, optando per i due anni di laurea specialistica. Lo psicologo, per svolgere la sua professione, utilizza strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, il sostegno psicologico, l’abilitazione e la riabilitazione, rivolti alle persone, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Inoltre lo psicologo può svolgere attività di sperimentazione, ricerca e didattica nell' ambito della psicologia. Lo Psicologo può operare nel settore privato, come libero professionista, oppure in strutture sanitarie private e/o convenzionate, in aziende e società di consulenza, nel privato sociale (in associazioni, cooperative, fondazioni, ...) e nel settore pubblico (Aziende Sanitarie Locali, Ospedali, Comuni, Province, Regioni ed altri Enti locali).

 

CHI E’ LO PSICOLOGO-PSICOTERAPEUTA? 

Lo Psicologo che esercita anche l’attività di psicoterapeuta ha conseguito una specifica specializzazione mediante un ulteriore corso di studi di almeno 4 anni dopo la laurea in psicologia. Durante gli anni di corso,  lo psicologo, che aspira a diventare psicoterapeuta, è tenuto all’espletamento di un tirocinio pratico distribuito equamente nel corso dei 4 anni, al fine di sostenere l’esame finale che lo qualificherà come psicoterapeuta. Lo psicologo-psicoterapeuta, oltre alle attività di prevenzione, diagnosi, sostegno e riabilitazione, svolge quindi attività di cura attraverso gli strumenti e le tecniche terapeutiche proprie alla psicoterapia mirando quindi ad innescare cambiamenti maggiormente strutturali e duraturi rispetto a situazioni di sofferenza-malessere consolidati. A seconda dell’orientamento teorico dello psicoterapeuta possiamo avere setting diversi, ovvero diversi possono essere i contesti entro i quali ha luogo la relazione terapeutica.  Il Setting è costituito dunque  sia da elementi astratti, come il modello di riferimento, la personalità del terapeuta, le regole implicite ed esplicite, sia da cose concrete, come la stanza, l’arredamento della stessa etc. 

 

CHE DIFFERENZA C'E' TRA PSICOLOGO E PSICHIATRA? 

Rispetto allo psicologo, il cui iter formativo e competenze sono già state descritte, lo psichiatra è una persona laureata in medicina che ha anche conseguito una specializzazione in psichiatria, cioè un corso di studi specialistico orientato allo studio e alla cura dei disturbi e delle malattie mentali attraverso modalità e strumenti caratteristici della professione medica. In quanto medico lo psichiatra, a differenza dello psicologo che non lo è, è quindi abilitato alla prescrizione somministrazione di farmaci in particolar modo relativamente a quei farmaci atti ad avere una funzione terapeutica e di cura delle malattie mentali. La scelta da parte dello psichiatra di seguire un approccio totalmente, prevalentemente o minoritariamente  orientato alla farmaco terapia (il dare farmaci) dipende dall’approccio che egli sceglie di seguire in base alla propria formazione ed in base alla propria valutazione clinica. 

 

QUANDO CHIEDERE UNA CONSULENZA PSICOLOGICA?  

Se consideriamo la consulenza psicologica fornita dal professionista psicologo, alla stregua di ogni altra consulenza legata ad altri ambiti, non dovremmo avere particolari resistenze. Insomma, dato un problema, un dubbio, una necessità, andiamo ad identificare il professionista (“l’esperto”) che fa al caso nostro. Questo è quello che usualmente facciamo, o dovremmo fare, nella quotidianità; se l’auto fa uno strano rumore quando guidiamo o non risponde bene ai comandi, ci rechiamo da un meccanico per una consulenza, un parere ed un eventuale preventivo. Sappiamo inoltre che tale parere, non ci obbliga a far riparare l'auto e che la scelta, non avrà particolare influenza su chi siamo per noi stessi o per gli altri. In ambito psicologico dovrebbe funzionare allo stesso modo ma spesso alcune difficoltà rallentano, se non addirittura bloccano, il processo di attivazione della consulenza.                                                                                                                      

Due  difficoltà che influenzano il nostro richiedere una consulenza psicologica possono essere connesse:                                                                                                                                                                                                                        1) alla paura dello stigma sociale, esterno ma anche interno: "dallo psicologo vanno i matti”, “Io non sono matto!...“Anche se lo fossi non si deve sapere… “Ce la posso, o peggio, DEVO farcela da solo etc.”                                                                                                                                                                               2) alla difficoltà nel definire i criteri, gli indicatori o per tornare all’esempio dell’auto “i rumori particolari” che mi fanno dire: “potrebbe essermi utile una consulenza psicologica”

Rispetto al punto 1 ricordiamo che richiedere una consulenza non comporta di per sé l'inizio di un percorso terapeutico, ne tanto meno avere una grave patologia. Le difficoltà o il disagio esperito, possono essere di diversa natura e una consulenza tempestiva può evitare il formarsi di preoccupazioni infondate o risolvere, le problematiche in essere, ridefinendo i termini del problema o attivando risorse sopite ma immediatamente disponibili.                                                                          

Rispetto al punto 2 proviamo, attraverso 3 macro aree (stati emotivi, condotte ed interazioni-relazioni ), ad identificare alcuni criteri-"rumori" utili ad indirizzarci verso il richiedere una consulenza.

Rispetto agli stati emotivi ci possono orientare verso la possibile utilità di una consulenza:                                                                                                        1)    La presenza di stati emotivi poco congrui con la realtà esterna o gli eventi che ci circondano (es. profondo senso di tristezza  apparentemente non spiegabile con eventi o realtà con cui siamo a contatto… siamo tristi e non sappiamo perché)                                                                                                                       2)    La presenza di stati emotivi congrui con la realtà esterna o gli eventi che ci circondano, ma altamente invalidanti a causa della loro intensità o eccessiva durata (es. una prevedibile caduta dell'umore a seguito di un lutto, si può cronicizzare in una condizione di malessere estremamente intensa e/o duratura tale da non permettere l'elaborazione dello stesso)                                                                                                                                                                                                     Rispetto alle condotte (comportamenti) ci possono orientare verso la possibile utilità di una consulenza:                                                                                    1) Cambiamenti improvvisi di condotte-comportamento (es.modificazioni alimentari come sospensione o drastica riduzione dell'assunzione di cibo, condotte di ritiro sociale o evitamento, come il rimanere chiusi in casa o il non voler frequentare luoghi che prima si frequentavano etc.)                                                                                                                                                                               2)  Comparsa di condotte invalidanti o limitanti il nostro agire quotidiano (comparsa di rituali, difficoltà nel controllo degli impulsi, condotte di dipendenza connesse  alcol, droghe o al gioco patologico etc.)                                                                                                                                                                                Spesso ovviamente condotte invalidanti o limitanti il nostro agire sono caratterizzate da cambiamenti improvvisi ecco quindi che possiamo talvolta avere la copresenza dei criteri 1 e 2. Ricordiamo inoltre che, essendo il comportamento sovente l'espressione di emozioni e pensieri, possiamo dietro a comportamenti invalidanti trovare di pensieri fissi ed intrusivi che condizionano il nostro agire quotidiano cambiandolo o limitandolo.                                                                  Rispetto alle interazioni e relazioni con gli altri ci possono orientare verso la possibile utilità di una consulenza:

1)    La presenza di difficoltà relazionali e di interazione all’interno dei contesti di riferimento (famiglia, scuola, lavoro, amicizie etc.). Possiamo trovare infatti a vari livelli difficoltà di comunicazione, presenza di forte conflittuaità, alterazione della vita intima- affettiva etc.